martedì 18 marzo 2014

E' una giornata come tante altre. Una di quelle in cui ci dovrebbe chiedere il perchè di tante cose. Perchè hai deciso di entrare nella Shouye? Perchè non hai smetto di farti di antidolorifici? Perchè non hai smesso di finire ogni sera in un letto diverso e svegliarti la mattina dopo con la sensazione del niente addosso? Perchè sei tornato?
Brendan Connor è seduto di fronte alla sua scrivania, li nella camera che la Shouye gli ha preparato. Gusto minimalista, tinte bianche e rosse che scivolano insieme creando giochi di luce appariscenti.  Una sigaretta tra le labbra, il contenitore degli antidolorifici li in un angolo mentre le dita scorrono veloci su quel diaro, trovato in qualche mercato che ancora possiede i ricordi di un passato ormai perduto. Scrive per dimenticare, scrive per non pensare. 
Ha l'aria stanca, i tratti del viso invecchiati. L'espressione assorta. Un paio di nomi corrono su quel foglio. Rowan Ford, l'amico ritrovato che non ha perso il sorriso nonostante tutto. L'uomo con cui fare a botte e sentirsi ancora un ragazzino. Daphne Kim. La donna dal neo sulla guancia e gli occhi sottili. Di quella bellezza che solo pochi sanno possedere. Daphne che si arrabbia, che ha voglia di picchiarlo e di strappargli la carne a morsi, e se fosse per un solo desiderio fisico forse ci avrebbe anche creduto. Daphne che, sotto ogni punto di vista, sembra ascoltare i suoi pensieri così come lui fa con quelli di lei.
E quegli occhi azzurri. Gli occhi incontrati al cafè. Belli oltre ogni aspettativa.
Il treno passa una volta sola. Si porta via tutto e lascia i ricordi. Ma le rotaie no. Loro vanno nella stessa direzione. Seguono quel percorso fianco a fianco in attesa di quell'attimo - quando due rotaie cambiano traiettoria - in cui potersi incontrare e toccare. Un istante fugace, la questione di un brivido. La sottile differenza tra l'essere da solo e l'essere in due.

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