venerdì 28 marzo 2014

Una giostra. La musica per bambini e quelle mille luci colorate. Un paio di orecchini ed un bacio. Brendan Connor osserva la donna sdraiata sul letto di quella camera d'albergo con indosso la maglia con cui s'è presentato all'incontro. Siede con i gomiti poggiati sulle ginocchia e lo sguardo assorto. Ad osservare la curva sottile che le passa dal lobo fino alle labbra scorrendo con lo sguardo lungo la mandibola. Si è dovuto allontanare per forza. Un pò per non saltarle addosso. Un pò per rispettare quella promessa fatta in precedenza. Dormire solo insieme. Deglutisce a fatica osservando quella coscia che spunta fuori dalle lenzuola. Reclina a destra ed a sinistra la testa così da sciogliere i muscoli del collo indolenziti. Tesi per lo sforzo fisico ma soprattutto mentale a cui li sta sottoponendo. Non cadere in tentazione. Manca poco all'alba. A breve dovrà svegliarla per informarla che sta per andare via. Non può tardare oltre. 

Si muove solo in quel momento raggiungendo il letto su cui scivola piano e con leggerezza per timore di svegliarla troppo bruscamente. Non vuole che il risveglio sia brutale.Le accarezza piano il viso scostandole indietro una ciocca di capelli scuri. Lei apre gli occhi e sorride. Brendan Connor fa altrettanto

"Siamo stati bravi" Le dice divertito continuando però a toccarle il viso lentamente. "Ma devo andare..." Amareggiato forse dal doverglielo comunicare così presto di prima mattina. 

"Ci vediamo stasera" Dice Emma Mckindley. Lui annuisce mentre si riveste velocemente pronto per lasciarla da sola. "A stasera" Fa lui piegandosi poi in avanti per baciarla piano e con lentezza. Un bacio diverso da quello di ieri sera.

lunedì 24 marzo 2014

E' una notte come tante. Brendan Connor si trova in una stanza dai confini strani, non definiti. Nudo, il corpo sudato. I capelli a sfiorargli la fronte. Al suo fianco una donna. Il corpo perfetto ma privo di volto. Una nuvola distorta a celarlo per impedirgli di vedere. Scivola tra quelle braccia con lentezza. E' violento, animalesco. Lascia i segni sulla pelle. Non sembra voler lesinare niente. Neanche l'anima che si mescola con quella della donna sotto di lui, dentro cui scivola con il solo scopo di annullare i sensi e sè stesso. I muscoli della schiena che si muovono, che guizzano sotto la pelle ad ogni spinta. Le braccia protese a sostegno del corpo. Le mani affondare tra i cuscini e tra quei capelli neri. Ringhia anche, come un animale in gabbia mentre si arrotola tra le lenzuola. Mentre si mescola in un letto che non gli appartiene. L'amplesso dura poco. E' questione di un attimo. Scivola al fianco della donna con il respiro mozzato. Il cuore che gli batte nella gola. Non è soddisfatto però. Non sembra neanche lontanamente appagato. Scivola giù dal letto con velocità. Con quella cicatrice sul fianco che luccica appena quando i raggi della luna ne raggiungono la perfezione quasi statuaria. E' un attimo ed il pacchetto di sigarette è tra le sue mani. Lo guarda per un breve istante. Qualcuno, dietro di lui, ne osserva la forma perfetta dei glutei invitandolo a tornare da lei. Rigira appena il pacchetto di sigarette tra le dita poi sorride. Scuote il capo e lo ripone di nuovo sul tavolo. Lo accarezza appena. La notte è ancora lunga purtroppo ma forse, in quel momento, ha deciso di non fumare. L'ha fatto per lei. L'ha fatto per sè stesso. Forse, semplicemente, per entrambi.

martedì 18 marzo 2014

E' una giornata come tante altre. Una di quelle in cui ci dovrebbe chiedere il perchè di tante cose. Perchè hai deciso di entrare nella Shouye? Perchè non hai smetto di farti di antidolorifici? Perchè non hai smesso di finire ogni sera in un letto diverso e svegliarti la mattina dopo con la sensazione del niente addosso? Perchè sei tornato?
Brendan Connor è seduto di fronte alla sua scrivania, li nella camera che la Shouye gli ha preparato. Gusto minimalista, tinte bianche e rosse che scivolano insieme creando giochi di luce appariscenti.  Una sigaretta tra le labbra, il contenitore degli antidolorifici li in un angolo mentre le dita scorrono veloci su quel diaro, trovato in qualche mercato che ancora possiede i ricordi di un passato ormai perduto. Scrive per dimenticare, scrive per non pensare. 
Ha l'aria stanca, i tratti del viso invecchiati. L'espressione assorta. Un paio di nomi corrono su quel foglio. Rowan Ford, l'amico ritrovato che non ha perso il sorriso nonostante tutto. L'uomo con cui fare a botte e sentirsi ancora un ragazzino. Daphne Kim. La donna dal neo sulla guancia e gli occhi sottili. Di quella bellezza che solo pochi sanno possedere. Daphne che si arrabbia, che ha voglia di picchiarlo e di strappargli la carne a morsi, e se fosse per un solo desiderio fisico forse ci avrebbe anche creduto. Daphne che, sotto ogni punto di vista, sembra ascoltare i suoi pensieri così come lui fa con quelli di lei.
E quegli occhi azzurri. Gli occhi incontrati al cafè. Belli oltre ogni aspettativa.
Il treno passa una volta sola. Si porta via tutto e lascia i ricordi. Ma le rotaie no. Loro vanno nella stessa direzione. Seguono quel percorso fianco a fianco in attesa di quell'attimo - quando due rotaie cambiano traiettoria - in cui potersi incontrare e toccare. Un istante fugace, la questione di un brivido. La sottile differenza tra l'essere da solo e l'essere in due.